Traduzione di Massimo Introvigne
Conosciamo davvero San Giovanni Bosco? È interessante notare che era un uomo sempre e completamente consapevole dei problemi del suo tempo. Non viveva affatto al di fuori della storia, come vorrebbero certe agiografie sentimentali. Non solo conosceva i problemi; sapeva anche quali erano i nemici della Chiesa e come combatterli. Quando sul Piemonte, favorita dal governo di allora, si abbatté una martellante propaganda protestante Don Bosco sviluppò un vero e proprio piano di azione intellettuale per reagire a questa propaganda.
Oggi molti si fanno dettare dalla Rivoluzione l’ordine delle priorità. Anche molti buoni cattolici pensano che l’economia sia più importante della cultura, il denaro dell’intelligenza e il materiale dello spirituale. Per questo quando parlano di San Giovanni Bosco si riferiscono quasi esclusivamente alle sue grandi opere sociali e dimenticano il suo lavoro intellettuale. Intendiamoci bene: io sono il primo ad applaudire e a riconoscere la grande importanza delle fondazioni sociali di Don Bosco, non senza insistere sul fatto che non si limitava ad aiutare materialmente i ragazzi poveri ma dava loro anche una solita fondazione. Ma non sono d’accordo quando il riferimento alle sue opere sociali diventa esclusivo.
Quando si esamina la sua vita si rimane colpiti da quanto tempo Don Bosco dedicava a a scrivere. Non era solo l’uomo delle opere esterne; era anche – come si dice – un uomo di penna. Non è un caso che la Chiesa lo abbia nominato co-patrono della buona stampa insieme a San Francesco di Sales. Noi dovremmo fare uno sforzo per insistere su questo punto e per rimettere, da un certo punto di vista, le cose a posto. Applaudiamo Don Bosco come santo sociale, ma ricordiamo anche Don Bosco come apostolo della stampa e della divulgazione di idee. E preghiamolo perché protegga il nostro lavoro intellettuale e la stampa cattolica.