[Traduzione di Massimo Introvigne]
San Giusto (?-627) è uno dei compagni di Sant’Agostino di Canterbury (?-604) nel suo grande lavoro di conversione dell’Inghilterra. In risposta a una sua richiesta, il Papa San Gregorio Magno (ca. 540-604) gli scrive: “Quando sarai con il nostro fratello Agostino, ricordati di dirgli che dopo lunga considerazione e attento esame della questione inglese abbiamo giudicato che non dovete distruggere i templi pagani, ma solo gli idoli al loro interno. Dovete purificarli con l’acqua santa, rimuovere gli idoli dall’altare e mettere al loro posto le reliquie dei santi. Perché, se questi templi sono ben costruiti, meritano che li facciamo passare dall’adorazione del Diavolo al servizio del vero Dio. Se il popolo vede che i luoghi sacri cui è abituato sono conservati, sarà più disposto a frequentarli. E, giacché sono abituati a sacrificare tori al Diavolo in quei luoghi, qualche solenne cerimonia relativa ai martiri le cui reliquie vi saranno venerate potrà sostituire i sacrifici. Dovete erigere tende intorno ai templi trasformati in chiese e lì organizzare feste dove si offra anche da mangiare. Anziché sacrificare animali al Diavolo, curate che siano macellati per il popolo, perché li mangi e renda grazie a Dio. In questo modo, attraverso le gioie sensibili, saranno introdotti alle gioie spirituali della fede. Perché è impossibile rimuovere insieme tutte le abitudini da spiriti induriti. È avanzando lentamente che si va lontano”.
Questa lettera è molto interessante: c’è anzitutto l’affermazione – che non è nuova e che possiamo trovare in molti scritti di padre e dottori della Chiesa – che tutti gli dei antichi sono demoni. Lo afferma la Sacra Scrittura: Omnes dii gentium daemonia (Salmo 95, 5), con riferimento alle divinità dei popoli pagani. Un’espressione molto forte, che si oppone a quanti molti oggi intendono per ecumenismo.
Vi si oppone anche la lettera di Papa San Gregorio Magno. È molto flessibile e ragionevole nelle cose che non sono fondamentali, e molto severa nelle cose davvero importanti. C’è una differenza fra i templi di queste nazioni pagani e l’arte e l’architettura moderna. L’arte moderna è spesso una negazione violenta e blasfema della verità e del bene. In questi casi, impone arbitrariamente stili artistici che nella maggior parte dei casi celebrano il disordine e la bruttezza. Evidentemente quest’arte non è adeguata per una chiesa cattolica. Ma questi templi pagani inglesi erano costruiti con criteri artistici diversi. Certo, mancava loro l’elevazione che sarà dell’arte gotica ma seguivano principi artistici che avevano una loro dignità, includevano veri elementi di bellezza e potevano servire adeguatamente il culto cattolico.
Così in Cina, se ci troviamo davanti a una pagoda cinese particolarmente nobile e aggraziata possiamo anche concludere che ha in sé gli elementi necessari per accogliere un culto cattolico adatto a fedeli cinesi. Naturalmente se dobbiamo costruire una nuova chiesa non costruiremo una pagoda, perché abbiamo l’obbligo di costruire il meglio per Dio. Ma qualche volta si deve accettare quello che si riceve da altri, se è adeguato.
Quando gli eroi della Reconquista spagnola conquistarono le città dove I Mori avevano costruito splendide moschee – come Cordoba e Granada – le purificarono, rimossero tutti i riferimenti all’islam e vi instaurarono il culto cattolico. Ancora oggi la liturgia cattolica continua a essere celebrata in queste che un tempo furono moschee. Quando il suo esercito conquistò Granada, una delle prime preoccupazioni della regina Isabella la Cattolica (1451-1504) fu di celebrare lì una Messa cattolica. Fu il principale simbolo della sua vittoria sull’islam.
Questo precisamente è lo stesso consiglio che San Gregorio Magno dà a San Giusto e a Sant’Agostino di Canterbury. Se i templi pagani erano ben costruiti e adeguati per il culto, i cattolici potevano approfittarne. Il Papa dava anche una ragione psicologica: la gente era abituata ad andarci. L’abitudine di frequentare un luogo di culto aiuta a superare le difficoltà che comunque sorgono quando si passa da una religione a un’altra.
Potete vedere la sana intransigenza di San Gregorio sull’essenziale e insieme la sua grande duttilità su cose secondarie che non compromettono i principi. Attenzione: questo non significa che si debba essere intransigenti sui principi primari e accomodanti sui principi secondari. Questo sarebbe sbagliato. Nessuna concessione sui principi. Ma c’è una parte della realtà che non fa parte dei principi e che dev’essere affrontata con uno spirito aperto.
Vediamo che San Gregorio consiglia anche di erigere tende intorno alle chiese, dove la gente possa mangiare insieme in allegria. A questo punto si potrà insegnare loro a ringraziare Dio per queste cose. Era un modo per attirare le persone semplici. Amavano mangiare in compagnia. In Germania si dice che Dio ha creato la mela e il tedesco ne ha fatto lo strudel di mele, che ama mangiare con i suoi amici. Per uno spirito cattolico, è una gioia legittima. Anche l’inglese amava mangiare in compagnia. Era nato in mezzo alle feste popolari.
Chiediamo a San Giusto, a Sant’Agostino di Canterbury e a San Gregorio Magno di concederci la comprensione e l’amore per l’equilibrio cattolico fra intransigenza e flessibilità che hanno applicato nel loro apostolato. Senza intransigenza non possiamo mantenere la purezza dei principi; senza flessibilità non possiamo applicarli e rendere il nostro apostolato fiorente. Questo equilibrio è un frutto meraviglioso dello spirito cattolico che dobbiamo acquistare.