Il Cenacolo di Dio
il capolavoro di Leonardo alla luce dei Vangeli, dell’Apocalisse e delle Sacre Scritture

di Giacomo Maria Prati

Quale Cenacolo? Dopo innumerevoli “saghe esoteriste” cavalcate retoricamente dai mass media sui presunti sensi nascosti del celeberrimo dipinto sembra giunto il momento di ripartire da una lettura dell’opera che si incentri sui significati spirituali della stessa, in una logica interpretativa che sia omogenea e coerente con la location e con il ruolo religioso e sacrale dell’opera e con la religiosità della sua committenza. Sono ripartito, Vangeli alla mano, proprio dalla frase di Gesù che riassume e struttura la scena pittorica e narrativa: “Uno di voi mi tradirà”. Non mi sono fermato a questo ma ho individuato nel Vangelo di Giovanni l’aspetto particolare dell’espressione commossa, turbata e infinitamente malinconica del volto di Gesù resa da Leonardo, come ad anticipare già l’angonìa, interiore e sensibile, del Getsemani. Giovanni infatti è l’unico evangelista che ci descrive lo stato d’animo di Nostro Signore mentre annuncia il proprio tradimento. Il verbo greco relativo al passo indicato (Gv13,21) ci parla di un “terremoto interiore”, di una angoscia profonda. Se si continua su questa strada iconologia, ragionando sui significati appunto della struttura e dei dettagli dell’opera, possiamo individuare ben 36 fra citazioni, riferimenti e possibili allusioni spirituali del Cenacolo in rapporto alle Sacre Scritture, Apocalisse compresa. Leonardo condensa nel Cenacolo una sintesi mistica e sapienziale che riassume non solo tutta la Passione di Gesù ma accenna pure alla glorificazione di Cristo e alla sua resurrezione. Non tanto l’ultima cena ma anzi la prima Cena della nuova creazione, della nuova Alleanza fra Dio e gli uomini. Il vassoio sotto il petto di Gesù è vuoto, come i piatti degli apostoli, perché Gesù è l’Agnello di Dio (Gv1,29). La Cena sembra agli inizi, l’anguilla, simbolicamente metà pesce e metà serpente (da anguis: serpente), è tagliata in quattro parti da tre tagli, possibile allusione ai tre chiodi della croce e alle vesti di Gesù spartite in quattro (Gv 19,23), il vino riempie metà dei bicchieri, alcune arance sono tagliate a metà,  e Cristo è il settimo, Deus Sabaoth, e Signore del Sabato (Mc 2,27.28 e Ap.1,20), visto sia sia da destra che da sinistra, e pure rispetto alle sette lesene del soffitto a cassettoni. La centralità assoluta di Gesù, la sua solitudine rispetto all’incomprensione e al turbamento scomposto degli apostoli, la triangolarità della sua figura, rafforzatA dalle tre finestre sullo sfondo e dai tre vassoi sulla tavola, ci parla della giovannea ora di Gesù (Gv 13,1) e della reciproca glorificazione fra il Figlio e il Padre (Gv 13,31). Più precisamente il tempo simbolico a cui sembra alludere la scena è dato da quella “metà di sette” già presente in Daniele e poi nell’Apocalisse, (e allusa anche nella Melanconia I di Durer), cioè il tempo del dominio dell’anticristo: 3 anni e mezzo, 42 mesi, 1260 giorni. (Ap.11,2-3 e 13,5) La pietra sulla tunica di Gesù è verde, segno di Dio quale pietra viva e roccia di salvezza ma anche allusione allo smeraldo dell’Apocalisse, che riassume in unità l’iride della corte celeste attorno al trono di Dio (Ap.4,3). Un Cristo quindi già gloriosa che inizia a regnare (Ap 2,17 e 19,12, Mt 21,42, Is 28,5.16 e ICor 10.4) in quanto inizia a morire in croce nella sua anima. Molti apostoli infatti presentano anch’essi una pietra di vari colori sulla tunica. In alcuni è illeggibile per il degrado storico del dipinto, in altri è coperta dalla postura, ma il simbolismo minerale è evidente e rinvia alle dodici pietre della nuova Gerusalemme, fondata sugli apostoli (Ap.21,19.20). Ne abbiamo precisissima conferma nella pietruzza bianca che reca Matteo, citazione dentro la citazione rinviando alla pietra bianca che Gesù promette ai fedeli nella lettera alla Chiesa di Pergamo (Ap. 2,17) Non a caso il soffitto a cassettoni è un quadrato simbolico che reca per tre volte il numero 6, alludendo al numero della bestia anticristica (Ap. 13,18) Su Gesù incombe l’impero della tenebra  di cui parla Luca nel suo vangelo. Ma forse l’aspetto più profondamente cristiano dell’interpretazione scritturale di Leonardo lo vediamo inscritto con forza nel prediletto Giovanni (Gv13,23) e nel suo fratello Giacomo posti alla destra e alla sinistra del Signore, ad adempimento della richiesta della madre dei figli di Zebedeo (Mt20,20.21) Un’ “ultima cena” che è già banchetto regale e celeste.Un Pietro che và verso Gesù con il corpo, un Giacomo che si muove anagogicamente invece verso Gesù con l’anima e l’emotività, e un Giovanni che “riceve” Gesù e il suo amaro calice solo spiritualmente, e a mani intrecciate in unità! Allusa in Giovanni vi è una donna, ma è Maria, associata spiritualmente a Giovanni da Gesù crocefisso (Gv. 19,26.27). La postura e l’espressione del volto di Giovanni, dolcemente triste e con il capo inclinato verso sinistra e gli occhi socchiusi, non solo indica la partecipazione mistica del discepolo al Cuore di Cristo (Gv. 13,25), all’espressione di Gesù, ma pure è mutuata dai modelli iconici e tipologici di Maria con Gesù bambino, di Maria ai piedi della croce e di Maria alla deposizione. Non a caso la contemporanea Pietà di Michelangelo ci mostra una Madonna assai simile nell’espressione spirituale al Giovanni mariano di Leonardo. Nelle icone orientali abbiamo numerosi esempi, analoghi e precedenti, in quella che sarà poi chiama a Madonna delle tenerezza o Madonna di kazan o di Vladimir, già anticipate dalle tipologie bizantine della Madonna basilissa, episkepsis, akouousa,  e  nicopoia (San Marco, Venezia) Ma pure ritroviamo la stessa postura meditativa e malinconica di Maria/Giovanni del Cenacolo di Leonardo in numerosissime opere antecedenti fra le quali il Cristo d’Ognissanti di Giotto, l’ “ultima cena” del Maestro di Bellano in san Barnaba a Villa di Chiavenna, nella Pietà dei Maestri Battistino e Simone a Sacco di Morbegno, Casa Vaninelli, nella Madonna con bambino di Agnolo Gaddi e nella Madonna dell’umità di Taddeo di Bartolo (Museo Diocesano, Milano) assai in Giovanni Bellini, ad esempio nella Madonna con bambino o Madonna Greca (1470, Brera) e Madonna con bambino su parapetto (Museo di Castelvecchio, Verona), nella stupenda e delicatissima Madonna del libro di Sandro Botticelli (Poldi Pezzoli), nella Madonna con bambino del Polittico di Perugia di Piero della Francesca,  nella Madonna con S.Giovanni Battista del Verrocchio del 1475, nella “Madonna in trono con bambino” del Perugino. Una Madonna che già partecipa, con anticipazione mistica, al dolore della Croce, come Giovanni nel Cenacolo. Giacomo invece, con le mani aperte a croce e il viso sconvolto da un dolore quasi fisico, molto carnale, ricorda gli angeli della crocefissione e della deposizione di Giotto nella cappella degli Scrovegni come gli analoghi angeli sconvolti della crocefissione di Simone Martini del 1333. Giacomo evoca infine la “posizione del pellicano”, in sinergia dialettica con il petto di Gesù. Giovanni e Giacomo, cioè i mistici e simbolici sole e luna ai lati della Croce, allineamento apocalittico ed esclissico, altro topos diffusissimo dell’arte sacra , dall’epoca carolingia al 1600. Anche nelle vesti l’influsso bizantino su Leonardo è evidente: il manto rosso con tunica azzurra è tipico di Maria , ancora in dipinti quattrocenteschi come la Madonna allattante esposta nella navata sinistra del Duomo di Milano, nella Madonna con bambino di Bernardino de Rossi nella Chiesa dei SS.Pietroe  Paolo a Pancarana (PV) ma già nel 1200 nella Madonna del latte in S. Maria ad cryptas in Foppa, opera  di Gentile da Rocca di Mezzo. Maria aveva già quindi prima di Leonardo i colori delle vesti analoghe ma invertite rispetto a quelle di Cristo ad indicare lo scambio mistico dei cuori e la sua stessa corredentività. Così il Giovanni del Cenacolo, di Leonardo, ma stesso scambio cromatico c’è già nell’ultima cena di Pietro Lorenzetti nella Basilica di Assisi. Dopotutto Leonardo si forma in una Firenze in cui non erano cessati gli effetti del revival grecista e neobizantino derivante dal Concilio di Firenze e dal mecenatismo eclettico di Cosimo de Medici. Addirittura Panofsky parlando di Durer è convinto di un influsso dei Hieroglyphica di Orapollo su Filippo Lippi, Verrocchio, Perugino e Leonardo! (allusione al disco solare alato nella struttura del Cenacolo?) La figura fissa e centrale di un Cristo rossoblu, sangue e acqua (Gv 19,34) distaccata dai due lati delle schiere agitate degli apostoli rinvia a Mosè fra i due muri di onde del Mar rosso, come allo squarcio del velo del Tempio (Luc.23,45). Dopotutto era simbolicizzazione ormai diffusa già nel periodo rinascimentale l’identificazione fra la ferita al costato di Cristo e il biblico Mar rosso, come si vede ad esempio nell’affresco della mappa del mondo di Palazzo Besta di Teglio. Gesù nuovo Mosè e Gesù nuovo Adamo nel “giardino” dei tappeti appesi alle pareti, otto come il numero del giorno della resurrezione, nella sera edenica della cena divina, e con le colombe del Cantico dei cantici disegnate sulla tovaglia. Gesù che riassume in neoedenicamente mascolinità e femminilità spirituale (Giovanni e Giacomo) non è aspetto così anomalo se lo troviamo esplicitamente ad esempio nell’opera Tributo al tempio di Ludovico Mazzolino, Pinacoteca della Christ Church di Oxford. Nella condensazione semantica intensissima fatta da Leonardo ci sono anche delle anticipazione narrative. Una delle più significative si ha nel coltello di Pietro con cui taglierà l’orecchio a Malco, il servo del sommo sacerdote.(Gv,18,10). L’etimo della parola nei Vangeli (makaira)ci parla di un coltello sacrificale, ricurvo, usato per sgozzare gli agnelli da offrire a Dio, ed è lo stesso termine utilizzato nell’Apocalisse per l’arma del secondo cavaliere che cavalca un cavallo color del fuoco (Ap. 6,4) Leonardo, nonostante la ricchissima simbolicità spirituale dell’opera espressivamente pone al centro Gesù Uomo e l’umanità degli apostoli, trapiantando nel ruolo “pubblico”, pedagogico e solenne dello spazio religioso, di solito affidato all’affresco allegorico, i canoni espressivo e psicologici del ritratto e del quadro gentilizio e domestico. Ma questo operazione serve un verismo che non esce dalla Tradizione ma rafforza invece un inquadramento finalistico e linguistico pienamente sacrale e religioso, neoiconico. Leonardo inverte vangelicamente il rapporto fra simbolo/convenzioni/tradizioni e umanità. Oopera cioè nell’arte sacra l’inversione di valore indicata nei Vangeli fra il “Sabato” e l’”Uomo”(Mc,2,27) Lo fa non seguendo un ideologia rivoluzionaria o neopagana ma rinnovando creativamente gli elementi che vengono dalla Tradizione iconografica dell’arte sacra della Cristianità. Addirittura usa il lapislazzulo, simbolica “pietra del cielo”, per il blù del mantello di Gesù, come si usa nelle icone bizantine, oltre ad utilizzare oro e argento, e il blù di Gesù è più intenso e  puro, misticamente originario, rispetto alla resa del blu dei mantelli degli apostoli ! La stessa “zodiacalità” delle sequenza apostolica, da destra a sinistra in una lettura attendibile, ha senso nella logica di valorizzare il carattere cosmico del cristocentrismo dell’opera. Senza dubbio un Leonardo mistico e neotradizionale ! Resta da indagare più specificamente il simbolismo dei colori delle vesti e  delle pietre degli apostoli, sia in confronto con l’Apocalisse e con le simbologie minerale nelle Sacre Scritture, che con i lapidari, fra quello celebre di Marbodo di Rennes nonchè i versetti dell’Acerba di Cecco d’Ascoli sulle pietre simboliche. Và approfondita infine la spiritualità domenicana del periodo indagando se vi sia stato un influsso, che ritengo probabile, della “teologia del Cuore” sull’ “affettività” dei dettagli e della struttura dell’opera, magari attraverso le opere del domenicano tedesco Enrico Suso. Una ricerca iconologica e spirituale paradossalmente ancora agli inizi e che spero di portare entro pochi mesi ad un primo ancora più consistente bilancio, magari non da solo.

 

Bibliografia:

Leonardo.L’Ultima Cena.Indagini,ricerche,restauro, a cura di Giuseppe Basile, Nardini editore, 2007
Magia e astrologia in Leonardo, Franco Berdini e Francesco Mei, Editalia 1982
Il Cenacolo di Leonardo in Vaticano, Sabrina Sforza Galitzia, Libreria Editrice Vaticana, 2009
Leonardo, L'ultima Cena, Pinin Brambilla, P.C. Marani, Electa, Milano, 1999 
Il Cenacolo, Art Dossier n ° 146, Hoepli,  C.Perdetti, 1998



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